domenica, novembre 19, 2006

Il buon giorno

Sono entrato nel metrò con poche speranze di prendere il “56”, pochi minuti di rassegnato rilassamento e rischio di perdere la fermata.
Un’occhiata all’orologio e mi accorgo di, forse magari chissà, poter arrivare in orario al lavoro.
Non accelero (magari a 40 giorni di ritardo in un anno c’è un bonus e io non lo so) però preparo il biglietto, gente mi viene incontro, è troppa per venire da Porta Vittoria, “se c’è un piccolo ritardo ci riesco”.
Giro l’ultima curva prima dell’ingresso al passante e guardo il tabellone, un attimo e la lucetta rossa si accende a fianco della scritta Saronno, il treno è già in galleria.
Non OBLITERO, accelero.
Saltello in discesa per le scale, schivo chi sale, sempre troppi.
Il treno è in fondo alla galleria non si capisce se ha chiuso o se non ha ancora aperto le porte, corro.
Corro con la borsa del PC in una mano e lo zaino, che è scivolato dalla spalla, nell’altra, ho ancora una parvenza di eleganza.
Un ragazzo cammina davanti, con distacco, può perdere il treno, una signora con semitacco, ma senza pesi, arranca appena una lunghezza dietro di me, una folla aspetta il Novara.
Passo al cambio di velocità, quello di chi non può perdere.
Uno schianto di cellulare sul pavimento, il mio (il cellulare non il pavimento).
Ora non posso far finta di nulla, raccogliere il telefono, sedermi su una panchetta di marmo ad ansimare.
Infilo la maniglia dello zaino in bocca, raccatto l’apparecchio e corro, con lo zaino tra i denti.
Ora la camicia sudata (doveva durare alla grande almeno sino alle 10 di sera) esce dai pantaloni, gli occhiali scivolano lungo il setto nasale, se partissero ora o se partisse il cuore farei proprio una figura da pirla.
Posted on Wednesday, May 4, 2005 at 11:56

Nessun commento: